“Chiamami con il tuo nome”: la cucina narrativa di Chef Rao

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“Il cuore caldo di Casanova non pensava di innamorarsi di nuovo, lungo la Via della Seta. È successo, come succedono tanti altri fatti imprevedibili nella vita, e che magari finiscono dimenticati. A noi il compito di raccontarli…”.
E. Rao, “Una buona causa. Racconti scelti”, Einaudi, Torino, 2023

Quando si prende in mano il menu del Ristorante L’Angelo, ci si trova di fronte a un vera e propria raccolta di racconti: Cuore Caldo, La Via della Seta, Casanova, Lo scoglio da superare, Bahia che zuppa, A-noi sono piatti che prima di essere piatti sono stati viaggi, scoperte, esperienze, sorrisi, dialoghi, incontri.

Storie travestite da piatti o piatti raccontati da storie?

Chef Rao, novello Jules Verne, somma le sue qualità culinarie a quelle narrative, mettendoci di fronte a piatti che desiderano raccontarci qualcosa attraverso gusti, profumi, accostamenti, atmosfere.
Ed è per questo che lo Chef si rifiuta di scrivere sul menu “Risotto al cioccolato bianco e wasabi, guarnito con crudités di gamberi” perché non è “semplicemente” un risotto al cioccolato bianco e wasabi, guarnito con crudités di gamberi, ma è “La via della seta”, ossia un percorso che, partendo della risaie della Pianura Padana, scende in Sicilia, a Modica per l’esattezza, per poi muoversi verso il sud-est asiatico e arrivare fino al Giappone.
E la stessa cosa accade con il Baccalà mantecato al latte di cocco, che ha nel cuore le peripezie veneziane del più grande seduttore del XVIII secolo, Casanova appunto. Assaggiare questi piatti significa farsi rapire e incantare dalle storie che si nascondono dietro, e che vengono lette attraverso il “lavoro” continuo dei nostri cinque sensi.

Scegliere il “titolo”: un lavoro di coppia

Carola&ChefRao

Come per un romanzo o un racconto, il cui titolo viene dato alla fine, anche nel Ristorante L’Angelo accade la stessa cosa, ed è sempre una scelta condivisa. Chef Rao, nel segreto della sua cucina, idea e prepara le sue ricette fusion, provando accostamenti e lasciandosi piacevolmente suggestionare da tecniche, segreti e culture alimentari apprese lontane da qui, attraverso viaggi, incontri, persone.
Il risultato corre veloce tra i corridoi del ristorante, per poi arrivare nel piatto di Carola; lei guarda, annusa, assaggia, si prende i suoi tempi, pone delle domande allo Chef, si confronta e poi arriva, all’improvviso, la folgorazione: il nome, il titolo di un nuovo racconto, il battesimo di un nuovo piatto.
A volte sono giochi di parole (come “Dacci un taglio”, il sashimi di ricciola e tonno rosso), a volte sono suggestioni (come il già citato “Casanova” o come ”A-noi”, il pollo laccato alla vietnamita), altre volte, invece, sono vere e proprie piccole storie, come nello “Scoglio da superare” (se non conosci la storia, leggila qui), o nella “Bahia che zuppa”, la zuppa di crostacei e pesce bianco alla brasiliana con astice, pomodoro, accompagnata da yuca fritta e pan brioche alla curcuma con burro alle nocciole.

Chiamali con il “loro” nome

Non c’è soddisfazione più grande per tutto lo staff del Ristorante l’Angelo di quando i clienti ordinano i piatti utilizzando il nome “corretto”: non dicono «Vorrei quel risotto», ma «Vorrei “La via della seta”», come se le storie raccontate da questi piatti diventassero le storie di tutti, da raccontare, assaggiare, apprezzare e condividere.
Questo è lo spirito con cui nasce la nostra cucina fusion.

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