IL BLOG DELL’ANGELO

La “cura” del Ristorante L’Angelo Cucina Fusion

26 luglio 2022

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I dettagli che fanno la differenza!

È un sabato di luglio, sono quasi le nove di mattina. Inserisco la chiave nella serratura del ristorante: voglio mettermi subito ai “fornelli” (il sabato è sempre una giornata impegnativa per chi fa il nostro mestiere). La chiave, però, non gira. Mi preoccupo, non capisco cosa sta succedendo; mi accorgo allora che la porta è aperta, che qualcuno è arrivato prima di me. Entro circospetto, prestando attenzione a qualsiasi rumore. All’improvviso sento una melodia: è nitida, viene dalla cucina.

Vagavo per i campi del Tennessee, Come vi ero arrivato, chissà…

Non hai fiori bianchi per me?

Più veloci di aquile i miei sogni Attraversano il mare.

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza,

Percorreremo assieme le vie che portano all’essenza

È Deep, il mio aiuto-cuoco, la sua voce delicata, le parole che vibrano nell’aria. Il mio spavento iniziale si trasforma in un sorriso.
Lui non mi vede, è girato di spalle: sta chiudendo con delicatezza un gyoza, il nostro raviolo giapponese.

E sì, sta cantando “La Cura” di Battiato, convinto di essere solo. Ma è la cura nel suo lavoro, nei gesti, a raccontarmi di lui e allo stesso tempo a raccontami di me e della nostra cucina.

La cura è forse l’ingrediente più importante del ristorante fusion L’Angelo: abbiamo cura nella scelta delle materie prime, nel modo in cui le abbiniamo, nei dettagli che proponiamo (e che vanno al di là del “semplice” impiattamento). Non si tratta tanto di far colpo sui nostri clienti, quanto di dare dignità a ogni singolo piatto, che si sente capito, corteggiato e infine raccontato.

Così, quando assaggiate il “Tuffo nel deserto“ – il nostro polpo del Mediterraneo grigliato e servito su hummus di ceci – godetevi anche la guarnizione con il pesto di salicornia – che aggiunge sapidità alla dolcezza dell’hummus –, oltre alla bellezza luccicante del corallo al tandoori. Scelte precise, ricercate, in grado di enfatizzare il sapore del polpo portandovi lontano, in una terra sconosciuta e deliziosa.

La stessa cosa accade con “Inzuppati di Gyoza”, la tipica pasta giapponese ripiena di zuppa d’ajucche, erbe di montagna, ma “soprattutto” servita su roux bianco al cocco e cialda di alghe nori e mais, il dettaglio che fa la differenza

E poi c’è la “Buona Causa” (ne abbiamo parlato anche in questo articolo ), con il salmone marinato nel caffè vietnamita, una preparazione particolare, dedicata e delicata – sul palato sentirete quasi delle leggere note di cacao! Insomma un’ulteriore “buona causa” per sceglierlo e assaggiarlo.

Deep, il mio aiuto-cuoco, si è accorto di me, mi sorride e si toglie le cuffie, un po’ imbarazzato. Mi lavo le mani con attenzione, indosso il grembiule e poi mi metto vicino a lui, per chiudere altri gyoza.
I gesti sono precisi, calmi; poi – quasi senza accorgermene – mi ritrovo anche io a canticchiare quella canzone, pensando al mio ristorante. Lo guardo negli occhi, L’Angelo, come se fosse una persona; arriva il ritornello, che non posso non cantare, perché “sei un essere speciale e io avrò cura di te. Sì, avrò cura di te”.

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