La Meraviglia e il Meraviglioso: l’agnello di Chef Rao
Gli occhi sgranati, la bocca si apre senza preavviso, la lingua – finalmente libera di esplorare l’ignoto – va alla ricerca di nuove avventure; lì sotto, nascosto sotto strati di pelle e di carne, il cuore ha un sussulto.
La meraviglia arriva così, all’improvviso: i nostri sensi anticipano il pensiero, che si limita ad assistere a qualcosa di inaspettato, che lo incanta, lo affascina. E lo porta via.
L’Agnello “fusion” di Chef Rao: tra Giordania, Vietnam e… Settimo Vittone
Lo porta a Petra, in Giordania, a 2487 chilometri in linea d’aria da Settimo Vittone, dove la Meraviglia fa il suo ingresso in sala, sdraiata sopra un letto di hummus di spinaci, attorniata da sapori e da profumi mediorientali, ma che strizzano l’occhio ancora più a est: citronella, tamarindo, curry, zafferano, mandorle e uvetta.
Ogni piatto di Chef Rao è un incontro, una nuova scoperta: non ci sono vie da percorrere, ma solo piazze in cui incontrarsi, confrontarsi e comprendersi. E così succede con il suo agnello, la cui carne – tenerissima – abbraccia nuovi sapori e si fa abbracciare da una cialda di riso fritta con aromi, il guardiano croccante di un piatto squisito.
Suggerimento: come si mangia una Meraviglia?
E poi c’è la parte più “difficile” della nostra Meraviglia, che ha a che fare con lunghi anni trascorsi in compagnia di abitudini sedimentate e culturalmente accettate come paradigmi:
«Devi usare la forchetta!».
«Devi usare quella forchetta!».
«No, quello non è il coltello giusto per questo piatto».
Dimenticate queste regole, l’etichetta: l’agnello ha bisogno di un rapporto diretto con voi, con le vostre mani, con la vostra bocca. Provate a eliminare quell’ostacolo – snob e argentato – che si frappone tra voi e quello che state mangiando; riappropriatevi dell’autenticità del cibo, scoprite nuove sensazioni [il nostro è solo un suggerimento, un invito: sulla vostra tavola avrete sempre a disposizione le posate più opportune per godervi ogni singolo piatto].